“Con me tu impari come voglio io. In scena danzerai come vuoi o come puoi”
Questa è la celebre frase che il maestro Enrico Cecchetti era solito ripetere ai suoi allievi, durante le lezioni di danza.

Poche parole che denotano con chiarezza il carattere risoluto e la forte disciplina di una delle più celebri figure del mondo del balletto classico, amato da grandi artisti e da noti critici della danza che hanno riconosciuto il suo indiscusso valore.

A Cecchetti va senza dubbio il merito di aver dato vita a un nuovo metodo di insegnamento, ancora oggi praticato soprattutto in ambito anglosassone.

E’ infatti a Londra che insegnò dal 1918 al 1923 e, sebbene per pochi anni, riuscì a lasciare in questa città una traccia così indelebile da portare alla fondazione della “Cecchetti Society”, una delle migliori scuole al mondo, che tuttora conserva il metodo del Maestro.

La grandezza di quello che fu un ballerino, un mimo e un maître de ballet non fu però subito riconosciuta in Italia, dove in quegli anni sembrava esser entrato in declino l’interesse per il balletto, poco presente sulle scene. Il suo nome è infatti legato principalmente alla Russia, dove insegnò per quasi tutta la sua esistenza.

Insegnante di grandi etoiles, tra cui la celebre Anna Pavlova, venne strutturato come maestro nella compagnia di Diaghilev. Legato dunque ai Ballets Russes fino al 1918, dopo la breve parentesi londinese, tornò in patria e riuscì lentamente a ridestare in Italia l’antica passione per la danza, che sembrava assopita da tempo.

Una esistenza, dunque, completamente dedicata alla danza, cresciuto fin da piccolo in questo ambiente (era figlio di un coreografo e di una ballerina), salì su celebri palcoscenici in qualità di ballerino, per poi dedicarsi alla didattica.

Il suo rigoroso e preciso metodo consisteva in una serie di esercizi, minutamente strutturati, e pensati in modo che ognuno di loro fosse la preparazione logica all’esercizio successivo.
Nulla era dovuto al caso o improvvisato durante le sue lezioni, veniva seguita una chiara sequenza che portava, giorno dopo giorno, a una crescita graduale della difficoltà nell’esecuzione dei passi.
Vi era infatti una tabella di esercizi quotidiani da seguire, per ogni giorno della settimana.

Tale metodo era volto all’acquisizione della fluidità ed armonia nei movimenti, che dovevano essere ampi e puri. Si liberavano le posture dalla rigidità e il danzatore tendeva, con molta pratica, ad eseguire movimenti fluidi e forti, dove vi era una precisa coordinazione tra braccia e gambe. Cecchetti introdusse cinque arabesques, portò a cinque le posizioni della braccia e dei piedi, approfondì i plies e le estensioni negli attitudes.

Si realizza in lui, secondo molti storici della danza, la nascita di un linguaggio universale, dove vengono demolite le differenze tra il balletto francese e quello italiano.

Elisabeth Cinti